Il piccolo ponte guada un torrente, dove passa solo una macchina alla volta e se ne arriva un’altra ti devi arrangiare: piede sul freno, un gesto della mano per capire chi si muove per primo. Il piccolo ponte divide ma unisce il mondo col mondo di
Stefano Amerighi. Vignaiolo biodinamico:
non è una bestemmia né l’ultimo trend modaiolo, tantomeno lo stile un po’ bohemienne che fa sempre scena. Stefano “legge” la luna e “sente” la terra per capire quando e come curare i suoi otto ettari di vigna.
No, biodinamico non è una bestemmia: è studio, conoscenza, una filosofia che affonda le radici nella pratica empirica dei contadini d’un tempo e da lì diventa regola decodificata. Scienza antica come il mondo e come il lavoro nei campi e con la terra.
Otto ettari di Syrah con contaminazioni francesi: Valle del Rodano. La storia di Stefano è una storia controcorrente. Come i suoi capelli lunghi spettinati dal vento che pettina la collina, come la sua barba che nasconde il viso di un trentenne e gli occhi accesi di un bambino.
Curioso, aperto al mondo e alla conoscenza, coi piedi ben saldi nelle sue radici, quelle della terra dove Stefano è tornato dopo gli studi universitari e dove ha ‘piantato’ il suo futuro insieme alla prima barbatella ‘francese’, ormai quattordici anni fa. Scelta difficile la sua, che gli è costata scintille con i genitori inizialmente diffidenti ma che oggi è il sogno divenuto realtà, come la sua famiglia: la moglie e la bimba. Radici, appunto.
La luna, il corno con la cacca di vacca …
Non ci credeva nessuno e tutti temevano che quel ragazzo avesse preso una cantonata, si fosse infilato in una strada senza sbocco: strada chiusa, strada senza ritorno. Invece, con la testardaggine di chi crede in quello che fa, Stefano è andato avanti e la strada si è aperta davanti a lui.
Oggi il suo Syrah biodinamico è conosciuto e apprezzato in mezzo mondo. “Apice”, la punta di diamante, è la bottiglia più richiesta.
“I primi tre anni sono stati veramente duri” spiega mentre cammina sulla sommità della collina che domina le vigne. Sotto i piedi un manto d’erba verde smeraldo e sotto ancora la cantina, costruita nella terra; lo scrigno naturale dove l’uva diventa vino secondo regole rigorosamente manuali.
Tre anni, solo lui e la terra e poi i libri, lo studio, l’approfondimento, le contaminazioni. Come un seme che pianti e non sai se verrà su dritto, se resterà sottoterra o se quel germoglio prenderà forma dalla terra che lo custodisce e lo alimenta trasformandosi in qualcosa di bello.
Ecco, bellezza è la parola che meglio di ogni altra racconta Stefano, il suo modo di essere, la ricerca del senso della vita che nasce sempre dalla terra. È la terra, infatti, la ‘barbatella’ madre, la sostanza che genera, che dà la vita.
“Se il terreno è sano, la vigna sta su da sola, non c’è bisogno di niente altro, è tutto in natura” dice con la voce calma ma ferma, sapienza popolare. Stefano si è messo in gioco, ha rischiato, ha creduto caparbiamente nel suo lavoro e nella forza della terra. Fatica del giorno dopo giorno. Sperimentazione e studio.
Passione pura. Come quando un giorno gli hanno detto che nelle Marche c’erano alcuni vignaioli ultraottantenni che avevano barbatelle antichissime di pecorino (vitigno autoctono) destinate a scomparire perchè l’età e il vigore di quei vignaioli si stava spegnendo. Rischiava di sparire una cultura antichissima. E’ stato più forte di lui.
“Dovevo salvare quel pezzo di storia che appartiene a tutti noi e che non può finire, è un patrimonio comune. Dovevo prenderlo, recuperarlo e portarlo avanti, come si fa quando si riceve il testimone da qualcuno che ha corso prima di te”, racconta con un sorriso lieve. Non c’ha pensato su, “ho rischiato il divorzio da mia moglie”.
È saltato sulla macchina e si è preso altra terra da coltivare, altro vino da fare, vino biodinamico. Oggi è un altro pezzo del suo mondo, insieme agli otto ettari dove ogni anno studenti dell’Università di Pisa, laureandi o laureati in Enologia fanno stage per imparare cosa è il suo metodo e cosa è il rapporto quasi simbiotico con la terra.
Negli otto ettari che circondano la collina di Stefano ci sono alcune nuove arrivate: sono alcune vacche ‘chianine’, ciascuna ha il nome di un colore “come ha scelto mia figlia. Mi aiutano ad alimentare la terra, oltre a darci latte e vitellini”.
Ciclo naturale completo, ecco il ‘segreto’ di Stefano. Sperimentazione quasi come un’ossessione: in cantina oltre alle barrique ha grandi vasi in terracotta e ceramica (con metodi di cottura diversa) dove ha messo il suo Syrah che ‘danzerà’ lì per tre anni.
Nella sommità della collina c’è uno spazio ancora da riempire, dove l’erba verde smeraldo fa una curva larga. “È qui che costruiremo la nostra casa: una casa di legno che si costruisce da sola”, spiega orgoglioso. Lo sguardo su quello spazio rivela un nuovo traguardo. Stefano è come il suo Syrah: non si ferma mai. Viogner come un comandamento, come una religione.
Dove: Cortona, Toscana
Nome e Proprietario: Stefano Amerighi
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