Nei giorni di libeccio gli sbuffi del mare imbronciato si placano sui pampini delle vigne. Un richiamo, forse un saluto, a Enzo capitano di lungo corso che il mare lo ha solcato in lungo e in largo per tanti anni per poi trovare l’approdo definitivo nelle campagne, placide, di Nettuno (Lazio).
Il mare è la cifra della vita di Enzo e la moglie Carmen che masticano acini d’uva fin da piccoli. Passione e mestiere di famiglia, tradizione antica e artigianale che quando Enzo ha deciso di scendere dalla nave è diventato mestiere di una coppia affiatata. Nel nome dell’azienda agricola biologica che hanno creato dal nulla nel ’99 c’è la filosofia che li guida ogni giorno: I Pampini.
Tralci di vite come cura costante, come vento, pioggia e sole che sono una benedizione ma anche un’incognita, come la torta con le noci e la crema di mele che Carmen ti mette sotto il naso durante la degustazione dei ‘gioielli’ di famiglia, seguendo la regola – calda – dell’ospitalità che da buona salernitana, esibisce con naturalezza e una punta di orgoglio.
Nel ’99 comincia un nuovo viaggio tra I Pampini: nove ettari vitati ma all’epoca abbandonati con in mezzo una casolare semi-diroccato che oggi è una deliziosa villetta curata nei minimi dettagli, immersa nel verde delle vigne coi grappoli a bacca rossa e bianca da raccogliere a giorni.
Ventimila bottiglie l’anno
Quindici anni fa Enzo e Carmen si sono rimboccati le maniche, ricominciando da zero: prima analisi approfondita del terreno per valutarne caratteristiche e vocazione enologica, poi la messa a dimora delle barbatelle, riscoprendo vitigni autoctoni come il Bellone (nella fascia costiera a sud di Roma lo chiamano Cacchione) e la Malvasia puntinata: due bianchi strutturati, di corpo, con sentori fruttati e floreali molto particolari nelle loro differenti peculiarità.
Quarantotto anni insieme, un viaggio per mare e per terra, per loro che si definiscono “figli delle barbatelle”. Il mare c’è nei lori vini, eccome. Bianchi e rossi hanno il tratto della sapidità e i profumi, intensi, del salmastro. Ventimila bottiglie l’anno che prendono la via dei mercati tedeschi e canadesi accanto a quella dei ristoranti romani e della costa laziale.
Li giri nel calice e respiri un’esplosione di profumi che seguono i movimenti lenti del vino, su è giù con gli archetti, aprendosi sulle note fruttate per poi virare sulla frutta secca. Conversi con Enzo e Carmen, poi ci rimetti il naso dentro e scopri altre fragranze.
Ancora una volta c’entra il mare
Il tratto che lega i vini dell’azienda agricola biologica (certificata dal 2004) I Pampini è l’eleganza che dall’etichetta con il profilo stilizzato di un calice ti accompagna dentro la bottiglia dove assapori il piacere di vini freschi, sapidi, complessi. Vini puliti, corretti, ma con una spiccata personalità.
Il nome scelto da Enzo e Carmen ha un riferimento storico e ancora una volta c’entra il mare: l’origine della barbatella, nata in Siria e portata nel Mediterraneo dai popoli migranti che commerciavano con l’Europa, ma anche dalle legioni militari che imbracciavano guerre alla conquista di nuove terre solcando il mare di confine tra Oriente e Occidente.
Come Oriente, Syrah vinificato in purezza: c’è dentro il mare e la cosa mi sorprende avendo degustato altre tipologie dello stesso vitigno in giro per l’Italia.
Il Coboldo, Merlot in purezza, è invece un omaggio alla storia che in questo lembo di Lazio, nel ventennio fascista portò la gente del Nord, in particolare veneti e trentini, a lavorare alla bonifica dell’Agro Pontino, in cerca di una nuova vita.
L’eleganza del bouquet e la sapidità – ancora una volta – della brezza marina, rendono questo vino molto elegante, intenso e strutturato.
Coboldo rimanda al nome dell’elfo, spirito protettore del focolare domestico: il vino della convivialità. Il mare ne Il Capitano, vino di punta dell’azienda: Cabernet Sauvignon, ricavato da un piccolo Cru.
Questo vino è molto “autobiografico”
Raccolta a mano, affinamento in tonneau e barrique di rovere. Tannino vellutato e profumi di frutta matura, cuoio e spezie. Il Capitano, come Enzo che di navi ne ha condotte tante e per tanti anni. Soffermandosi sul calice e parlando con lui, direi che questo vino è molto “autobiografico”.
Il ‘cerchio’ del mare nella produzione dell’azienda, si chiude con Legionarius, Malvasia puntinata in purezza vinificata in acciaio, arrivata nel Lazio con le navi dei legionari. Un bouquet floreale che vira su note di frutta esotica e vegetale di particolare intensità con una persistenza che resta in bocca e offre piacevoli sensazioni.
Enzo è Il Capitano, ma anche il Legionario che solcando mari e vigne non si ferma mai. Con Carmen al suo fianco.
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