Birra al vino: invenzione geniale o esperimento mal riuscito?

Ebbene si, leggere “birra al vino” fa storcere il naso, crea l’effetto pelle d’oca e fa tremare, se non piangere, i puristi di entrambe le fazioni. Non si tratta di un vero e proprio combattimento, non siamo in Mortal Kombat e non verrà decretato un vincitore: si tratta di una sperimentazione che, al giorno d’oggi, tra le miriadi di nuove invenzioni create da birrifici ed enoteche, c’era quasi da aspettarselo. Andiamo a vedere cosa può creare il genio e la sperimentazione delle breweries e delle wineries, in un’epoca di strani sapori ed abbinamenti enogastronomici.
La storia del barley wine, il “vin d’orzo”
Ci sono tantissime bevande simili alla birra, di solito anche accostate solo per metodi affini di lavorazione, oppure di sapore. Per esempio in Giappone troviamo il sakè, derivato dal riso, in Messico il pulque, derivato dall’agave. In gran parte dell’Africa si può bere il sorgo maltato, mentre miglio e mais vengono utilizzati per produrre birre locali come bouza, burukutu, pito e tshwala. I Tarahumara messicani, popolazione residente nell’attuale territorio del Chihuahua, utilizzano una particolare birra di mais, il tesquino, utilizzata in specifici rituali.
Il nostro accostamento col vino, parlando sempre di tradizioni storiche ed estere, ci porta a parlare di una bevanda molto antica, tipica della Gran Bretagna, il barley wine, il “vin d’orzo”. Esso è un tipo di birra ad alta fermentazione che per sapore e per tasso alcolico elevato (8-10°) si potrebbe accostare al vino. Col termine “vin d’orzo” si intendeva, nella grecia antica, la birra. Tacito ne ha parlato nelle sue opere, Senofonte nell’Anabasi ed anche Polibio nelle Storie. Il termine “beer” compare invece nel XVIII secolo, in Gran Bretagna, come prodotto dichiaratamente competitivo nei confronti dei vini francesi Bordeaux ed i vini della regione Borgogna. Le birre venivano fatte riposare in delle botti per uno o due anni, prendendo alcune caratteristiche organolettiche dal legno, in modo da conferire un sapore ed un odore leggermente simile al vino, creando un prodotto completamente diverso. Molti birrifici, alla fine del XIX secolo, iniziarono ad utilizzare il termine barley wine per indicare quella birra, da loro prodotta, con una gradazione alcolica più alta. La prima birra etichettata come “barley wine” fu la № 1 Barley Wine, del birrificio Bass, nel 1870. In quel periodo le barley wine che si potevano bere avevano una gradazione che andava dal 6% di volume fino ad arrivare a quello di un vino, ben 12%. Negli Stati Uniti è stata introdotta la prima barley wine nel 1976, dal produttore Anchor Brewing Company, che oltre a gestire diversi birrifici in California fu il primo a creare una birra ad alta gradazione, la Old Foghorn Barleywine Style Ale. Nel 1983 l’azienda privata Sierra Nevada Brewing ha rilasciato la Bigfoot Barleywine, che diventò la seconda etichetta di vin d’orzo degli Stati Uniti.
Caratteristiche del vin d’orzo e dei wheat wine
Il vin d’orzo raggiunge, solitamente, una gradazione alcolica che va dal 6% al 12% di volume, con un peso specifico che può arrivare a 1,120, quasi quanto 320 g/L di zuccheri. In generale esistono due tipi di vin d’orzo: quello americano, tendenzialmente più luppolato e amaro, con una colorazione che varia tra l’ambrato e il marrone chiaro. Quello british, con un sapore meno amaro e poco “luppoloso”, con una varietà di colore che va dal rosso-oro al nero opaco; quest’ultimo è il colore tipico dei barley wine inglesi. Nel 1951 il birrificio Sheffield tennant’s introdusse per la prima volta un vino d’orzo di colore ambrato, chiamato Gold Label. Prima di allora tutti i barley wine inglesi erano solitamente di colore nero opaco.
Verso la metà degli anni ‘80, come narra la leggenda, il birraio californiano Phil Moeller, del birrificio Rubicon, aggiunse per sbaglio una quantità di frumento superiore ad una Winter Ale che stava lavorando. Fu lì che nacque il primo wheat wine, prodotti facilmente accostabili ai barley wine ma con la differenza di avere una quantità notevole di frumento in più (possono arrivare fino al 50%). I wheat wine fanno parte di quei stili nuovi e moderni, tipici delle ultime invenzioni e sperimentazioni.
Blue Moon e le prime birre al vino
Siamo giunti al momento di introdurre un prodotto davvero particolare, definito “birra” dal suo creatore ma che riguarda (forse) gli appassionati del vino. Dal 1995 il birrificio di Denver, in Colorado, il Blue Moon, nato all’interno di uno stadio di baseball, crea particolari birre esportate in tutto il mondo. La più famosa è una wheat wine chiamata Blue Moon ® Belgian White Belgian Wheat Ale. Il fondatore Keith Villa ha di fatto creato, dopo una peculiare e paziente ricerca di 17 anni per dosare percentuale di birra e vino, due effettive “birre al vino”, la Impulse, fatta di uve Cabernet Sauvignon e la Proximity, fatta di uve Sauvignon Blanc.
Per maggiori informazioni riguardo il procedimento delle barley wine, quindi su come fare birra col mosto, basta cliccare sul link seguente, BIRRA E VINO: FARE BIRRA CON IL MOSTO.

Sebastiano Musmeci nasce a Palermo e ha conseguito due lauree, in Filosofia della Conoscenza e della Comunicazione e in Scienze della Comunicazione Pubblica, d'Impresa e Pubblicità, presso l'Università degli Studi di Palermo. Da sempre appassionato di tecnologia, digital e musica.